Jacob Bunim e Simcha Meyer sono due fratelli gemelli. Jacob è bello e possente. Simcha intelligente e grigio.

Molto giovani si allontanano entrambi da simboli e riti della tradizione, alla ricerca di fortuna economica e realizzazione personale. Per Jacob é l’inizio di una vita fortunata, emotiva, tonda. Per Simcha il primo passo in un cammino di ambizione e calcolo. Pur diversi, i due fratelli Ashkenazi condividono la forza ostinata del loro istinto, che li porterà esattamente dove erano partiti, proprio dove - forse - non avrebbero voluto tornare.

Questo romanzo é la cronaca delle loro esistenze, delle loro vittorie e delle loro sconfitte, mentre dallo sfondo emerge la Storia del terzo protagonista del libro: il popolo ebraico.

“Jacob Bunim é generoso e vuole che anche gli altri lo siano e, se si rifiutano, li picchia. Ma la sua ira é di breve durata. Svanisce dopo il primo colpo, ed è subito pronto a far pace. Non può sopportare di essere in rotta con qualcuno, gli sembra di non essere più lui. Non appena ha atterrato Simcha Meyer, é già pentito e glielo dice e gli chiede di far la pace. Gli porge il dito mignolo, in segno di amicizia. Ma Simcha Meyer non lo guarda nemmeno. Si rialza, gli occhi verdi per il furore e corre a raccontare tutto al padre”.

Questa storia mi ha accompagnata per due mesi. Senza muovermi, mi ha portata altrove, tra persone che ho potuto conoscere, senza averle incontrate mai. Mi viene da dire che ogni buon libro mi fa questo effetto, ma qualcuno più di altri. E questo è il caso.