East of Eden è un libro la cui lettura inserirei tra le cose che ogni essere umano dovrebbe ad un certo punto della vita affrontare.

Il clima insaturo di questo libro, che a me sembra dire tutto senza dire di fatto molto in modo esplicito, ha lasciato tra le mie dita, dentro i miei occhi e soprattutto negli spazi interni di me, la sensazione di aver assistito a un fenomeno naturale. È così che mi immagino un’ aurora boreale. Splendida, incomprensibile e chiaramente ultra umana. Quando ho chiuso il libro sulla sua ultima pagina ho desiderato che il signor Steinbeck fosse ancora vivo per mandargli una mail di una sola parola: grazie. Il libro è del 1952. Mi fa girare la testa pensare che qua dentro ci sia una frase che anticipa e cristallizza lo spirito fondativo della teoria dell’attaccamento. È un romanzo e porta con se una storia bellissima, ma per certi versi, nella Valle dell’Eden, sembra di muoversi tra le pagine di un manuale di teoria della personalità. La nostra umanità è descritta tra colpa, peccato e autocommiserazione.

Ecco la frase: “Il peggior terrore di un bambino è non essere amato, il rifiuto per lui è l’inferno. Penso che tutti quanti al mondo, in misura maggiore o minore, abbiano provato il rifiuto. E il rifiuto porta con sé la collera, e la collera porta qualche specie di crimine che vendichi quel rifiuto, e il crimine porta la colpa… E’ questa la storia dell’umanità. Credo che se potessimo tagliar via il rifiuto, gli esseri umani non sarebbero quello che sono. Forse ci sarebbero meno pazzi. Sono personalmente convinto che ci sarebbero meno carceri. È tutto qui: l’esordio, l’inizio. Un bambino vedendosi rifiutare l’amore che tanto desidera, dà un calcio al gatto e nasconde la colpa segreta; un altro ruba per farsi amare grazie ai soldi; un terzo conquista il mondo. E sempre ci sono colpa e vendetta, e nuova colpa.”, pagina 348.